Per loro sarà il primo Natale luccicante e magari, proprio come accade a tutti i bambini, quest’anno anche loro sbirceranno di notte per vedere se arriva Babbo Natale. Perché Matteo e Benedetta (n.d.r., nomi di fantasia), di 8 e 9 anni, sono ipovedenti ma ora possono vedere meglio grazie ad una nuova terapia genica che restituisce speranza ai bambini con distrofia retinica ereditaria. Questa tecnica innovativa è stata eseguita per la prima volta in Italia su questi due piccoli pazienti pugliesi presso la Clinica Oculistica dell’Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli dove ha sede il “Centro Malattie Oculari Rare” (Centro di Riferimento Europeo nell’ambito dell’European Reference Network for Rare Diseases) e anche l’Unità di Terapie Oculari Avanzate Telethon.
I primi bambini trattati in Italia
Il Centro Malattie Oculari Rare a Napoli è il primo e attualmente unico centro autorizzato ad effettuare il trattamento con questa nuova terapia genica, grazie alla sua partecipazione - oltre dieci anni fa - allo sviluppo clinico del farmaco che ha portato alla sua approvazione da parte dell’EMA a fine del 2018. “Questi sono i primi due bambini affetti da distrofia retinica ereditaria causata da mutazioni bialleliche in un gene denominato RPE65 che vengono trattati in Italia con la nuova terapia Luxturna (Voretigene neparvovec) che fornisce una copia funzionante di questo gene ed è in grado, attraverso una singola somministrazione, di migliorare la capacità visiva dei pazienti”, ha dichiarato
Francesca Simonelli, direttrice della Clinica Oculistica dell’Ateneo Vanvitelli di Napoli presentando questa mattina i dati dell’intervento. “I risultati sono evidenti dopo pochi giorni dall’intervento e consistono in uno straordinario miglioramento visivo evidente soprattutto nelle condizioni di scarsa luminosità. Dopo la terapia il bambino ha già recuperato una piena autonomia nel muoversi, scendere le scale, camminare da solo, correre e giocare a pallone”.
Cosa sono le distrofie retiniche ereditarie
Le distrofie retiniche ereditarie sono malattie geneticamente determinate che comportano una progressiva degenerazione dei fotorecettori della retina (coni e bastoncelli) con grave riduzione della capacità visiva nel corso degli anni. Le persone nate con mutazioni in entrambe le coppie del gene RPE65 possono andare incontro ad una perdita quasi totale della vista sin dalla tenera età, con la maggior parte dei pazienti che progredisce fino alla cecità totale. Si tratta, quindi, di una malattia progressiva e che ha una grande rilevanza sociale sia perché si presenta con frequenza elevata pur essendo malattia rara, sia perché fortemente invalidante sul piano della formazione scolastica e dell’inserimento nel mondo del lavoro. L’unico inconveniente è rappresentato dal prezzo che come per tutte le terapie innovative è molto elevato. "Ridare la vista a qualcuno non ha prezzo", sottolinea
Antonio Giordano, direttore generale della Vanvitelli. "E' vero che si tratta di farmaci costosi ma ricordo che un ipovedente costa 35 mila Euro l'anno quindi bisogna considerare anche il valore economico legato al risparmio derivante alla gestione di questi pazienti".
Un orgoglio italiano
Le ricerche dimostrano che nei bambini la compromissione della vista e la cecità spesso causano isolamento sociale, stress emotivo, perdita di indipendenza e rischio di cadute e lesioni. “Siamo di fronte a un vero e proprio cambio di paradigma e siamo orgogliosi di esserne tra i protagonisti. Il nostro Centro di terapie oculari avanzate-Telethon, infatti, ha partecipato allo sviluppo del farmaco, attualmente approvato a livello Europeo e in attesa di approvazione Aifa, sin dal primo studio clinico”, ha aggiunto Simonelli. Fino ad oggi, non avevamo terapie per il trattamento delle distrofie retiniche ereditarie, ma, grazie ai passi avanti ottenuti negli ultimi anni e che stiamo continuando a ottenere in campo clinico, genetico e tecnologico, possiamo augurarci che il risultato di oggi sia solo il primo di una lunga e futura serie”.
“Questo di oggi - dichiara
Giuseppe Paolisso, rettore dell’Ateneo Vanvitelli di Napoli della Vanvitelli - è un miracolo, non inteso in senso religioso, ma un miracolo della tecnologia e della scienza perché oggi parliamo di terapia genica e possiamo dare una bella notizia alle famiglie di questi due bambini che per Natale potranno non sentirsi più disabili ma giocare a pallone”. E poi con orgoglio aggiunge: “Negli ultimi tre anni abbiamo investito 41 milioni di euro aggiornando il nostro parco tecnologico e assunto 150 giovani. Questo intervento è la prova che anche al sud ci può essere ricerca di qualità e che è produttivo investire”.
Cosa sono le terapie geniche
Le terapie geniche mirano a trattare o prevenire un’ampia gamma di malattie genetiche attraverso il silenziamento o la sostituzione del gene mutato con l’incremento di copie funzionanti. I nuovi geni vengono trasferiti nelle cellule usando trasportatori noti come vettori, che sono spesso costituiti da virus modificati e inattivati. Luxturna (Voretigene neparvovec) rappresenta la prima terapia genica approvata sia dalla Food and Drud Administration che dall’Agenzia Europea del Farmaco per una forma di distrofia retinica ereditaria che compromette gravemente la vista e per la quale, fino ad oggi, non esiste nessuna opzione terapeutica.
Ora il farmaco è in fase di negoziazione in Aifa ma si sono trovate le risorse per poter consentire il trattamento di questi due bambini. L’unico inconveniente è rappresentato dal prezzo
Come funziona la nuova terapia
Ciascuno di noi ha due copie del gene RPE65. Luxturna è una terapia genica una tantum per pazienti con perdita della visione dovuta a una mutazione genetica in entrambe le copie del gene RPE65 e in possesso di una conta sufficiente di cellule retiniche vitali. Questa mutazione è estremamente rara e a livello globale interessa circa 1 persona su 200.000. Questa terapia fornisce una copia funzionante del gene RPE65 che agisce al posto del gene RPE65 mutato e che ha il potenziale di ripristinare la capacità visiva e migliorare la vista. La terapia è formata da un frammento di DNA – contenente una copia funzionante del gene RPE65 – inserita all’interno di un elemento trasportatore noto come “vettore”, costituito da un virus modificato e inattivato. La terapia viene iniettata una sola volta in ciascun occhio dei pazienti da uno specialista in chirurgia retinica. A quel punto, il vettore entra nelle cellule RPE e inserisce una copia funzionante del gene RPE65 nel nucleo della cellula che inizia a produrre la proteina RPE65.
L’unico inconveniente è rappresentato dal prezzo, fissato in 850 mila dollari.